L’Italia è una penisola immersa nel mare. Ma l’acqua non è solo intorno: l’Italia è percorsa e costellata di una miriade di corsi d’acqua, tra laghi, bacini artificiali, fiumi e canali.

Per dare un’idea, in Italia ci sono circa 1200 fiumi su una superficie di circa 300.000 km quadrati[1]: di questi, 58 superano i 100 km di lunghezza e 75 hanno una portata media alla foce superiore ai 10 metri cubi al secondo, la Polonia[2] e la Norvegia[3] (che sono di poco più grandi), hanno rispettivamente circa 55 fiumi (la Polonia una quarantina di fiumi superiori ai 100 km di lunghezza) e 25 la Norvegia.

Eppure la cultura fluviale è sempre più flebile: anche chi vive in centri in riva a fiumi e canali spesso ne dimentica la stessa esistenza, come fossero semplicemente un elemento del paesaggio, cristallizzato in un quadro o in una cartolina dai colori sbiaditi.

Ma basta così poco a rovesciare l’esperienza: si sale a bordo, la barca si stacca dal pontile, pochi colpi di remo e inizia a scorrere placidamente sull’acqua e… il mondo si capovolge.

Il frastuono del traffico diventa un rumore di sottofondo, anche se ti trovi a pochi metri da una provinciale, le rive svelano sorprese che mai ti saresti aspettato, il tempo prende a scorrere lento e insieme vivido.

E’ un’esperienza ancestrale di cui credevi di aver perso la memoria tanto ti si presenta inedita e nuova.

E per farla non serve che salire a bordo e lasciarsi incantare.

E perché la voga alla veneta?

Forse perché il procedere scivolando sull’acqua, stando in piedi e guardando nella direzione in cui si avanza, con la possibilità, da un lato, di controllare la propria rotta manovrando la barca e, dall’altro, di poter vedere lo scenario che ti si apre davanti è la cosa più vicina al camminare in posizione eretta, ovvero al modo più connaturato all’uomo di rapportarsi con il mondo circostante, all’esperienza più primitiva del ‘viaggiare’.

E, per farla, lo ripetiamo, non serve che salire a bordo e lasciarsi incantare.